IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 8278 del 2015, proposto da: 
    Salvatore Messineo, rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Giovanni
Ingrasci, con domicilio eletto presso il medesimo  in  Roma,  Via  S.
Maria dell'Anima, 39; 
    contro Presidenza del Consiglio dei Ministri,  Ministero  per  la
Semplificazione e la Pubblica  Amministrazione,  Avvocatura  Generale
dello Stato, rappresentati e difesi dalla stessa Avvocatura  Generale
dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, Via dei  Portoghesi,  12
per l'annullamento 
    - del provvedimento di suo collocamento a riposo a decorrere  dal
15 marzo 2015 di cui alla comunicazione prot. n. 86466 del  20.2.2015
e relativo allegato; 
    - della connessa preliminare determinazione ivi esternata con cui
si comunica al ricorrente che la  sua  istanza  di  trattenimento  in
servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di  eta'  non
puo' piu' essere valutata, a seguito e per effetto dell'entrata in  -
vigore dell'art. 1 del d.l. 24.6.2014 n. 90,  come  modificato  dalla
legge di conversione n. 114/2014; 
    e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  della  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri e dell'Avvocatura Generale dello Stato; 
    Visto il decreto  cautelare  monocratico  di  questa  Sezione  n.
3573/2015 del 7.8.2015; 
    Vista l'ordinanza cautelare di questa Sezione  n.  3671/2015  del
3.9.2015; 
    Vista l'ordinanza cautelare della Sezione Quarta del Consiglio di
Stato n. 4475/15 del 30.9.2015; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visto l'art. 79, co. 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del 4 novembre 2015 il  dott.  Ivo
Correale e uditi per  le  parti  i  difensori  come  specificato  nel
verbale; 
    Rilevato in fatto e considerato in diritto quanto segue; 
    Rilevato che, con  ricorso  straordinario  ritualmente  proposto,
l'Avvocato  dello  Stato  con  incarico  di  Vice  Avvocato  Generale
Salvatore Messineo chiedeva l'annullamento,  previa  sospensiva,  del
provvedimento con cui era stato disposto il suo collocamento a riposo
a decorrere dal 15 marzo 2015 e della conciata determinazione con  la
quale era stato esternato che la  sua  domanda  di  trattenimento  in
servizio fino al 75° anno di eta' non poteva piu' essere valutata  in
virtu' dell'entrata in vigore dell'art. 1 del d.l. 24.6.2014  n.  90,
come modificato dalla legge di conversione  n.  114/2014,  che  aveva
abrogato l'art. 16 del d.lgs. n. 503/92; 
    Rilevato che la Sezione Prima del Consiglio  di  Stato  investita
dell'affare, con un primo parere  reso  nell'adunanza  dell'11  marzo
2015, riteneva di dispone la sospensione  degli  effetti  degli  atti
impugnati fino al 1° aprile 2015, data in cui era fissata  l'adunanza
successiva, richiedendo nel frattempo alla Presidenza  del  Consiglio
dei Ministri la produzione di una  redazione  contenente  documentati
elementi sull'istanza cautelare e sul ricorso che la conteneva; 
    Rilevato che seguiva, all'esito dell'adunanza del 1° aprile 2015,
un parere  mediante  il  quale  la  Sezione  riteneva  che  l'istanza
cautelare  dovesse  essere  accolta,   con   sospensione   interinale
dell'efficacia   dei   provvedimenti   impugnati   e   obbligo    per
l'Amministrazione di provvedere, pure interinalmente,  sulla  domanda
di trattenimento in servizio in base  al  regime  precedente  e  cio'
perche'  riteneva  rilevante  e  non  manifestamente   infondata   la
questione di costituzionalita' del richiamato art. 1 nella  parte  in
cui comprende gli Avvocati dello Stato,  come  prospettata  dall'avv.
Messineo nel ricorso, rinviando  a  separata  ordinanza  la  relativa
illustrazione delle  ragioni  dedotte  e  la  rimessione  alla  Corte
Costituzionale e  specificando  che  la  sospensione  interinale  dei
provvedimenti  in  questione,   doveva   valere   fino   all'adunanza
successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte; 
    Rilevato che tale separata ordinanza era pubblicata il 29  aprile
2015 e, con articolata motivazione, dichiarava  la  rilevanza  e  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, del  d.l.  n.  90/14,  conv.  in  l.  n.
114/90, nella parte in cui, abrogando l'art.  16  d.lgs.  n.  503/92,
disponeva al 31 ottobre  2014  la  cessazione  del  trattenimento  in
servizio oltre il limite  di  eta'  degli  avvocati  dello  Stato  e,
subordinatamente,  nella  parte  in  cui  non  fissava  la  data   di
cessazione del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato
al  31  dicembre  2015,  cosi'  come  previsto  per  magistrati,   in
riferimento agli artt. 3, 81  e  97  Cost.  Era  quindi  disposta  la
sospensione del richiesto parere sul ricorso straordinario, ordinando
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Rilevato che, con atto dello stesso  29  aprile,  successivamente
notificato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministro per
la semplificazione e la pubblica amministrazione e l'Avvocatura dello
Stato proponevano opposizione  al  ricorso  straordinario,  ai  sensi
dell'art 10, comma 1, d.p.r. n. 1199/71, chiedendone la trasposizione
in sede giurisdizionale; 
    Rilevato  che  seguiva  quindi   la   rituale   trasposizione   e
costituzione  nel  giudizio  avanti  a  questo  Tribunale  da   parte
dell'avv. Messineo, il quale indicava preliminarmente  di  non  voler
prestare acquiescenza a tale procedura, dato  che  riteneva  nulla  e
inammissibile l'opposizione proposta, e riproduceva il contenuto  del
gravame in sede straordinaria, lamentando, in sintesi, quanto segue: 
    "1. Violazione dell'art. 81, comma 3, Cost." 
    L'eliminazione  dell'istituto  del  trattenimento   in   servizio
comportava una rilevante nuova spesa e la determinazione quantitativa
annua evidenziata dal Governo era  legata  al  testo  originario  del
decreto-legge  che  pero'  era  stato  modificato   in   piu'   punti
comportanti maggiori  spese,  tra  cui  proprio  l'allargamento  alla
platea degli avvocati dello Stato della cessazione dal servizio al 31
ottobre 2014. Cio' valeva anche per i dipendenti della scuola, per  i
Consiglieri di Stato appartenenti al gruppo di lingua tedesca, per  i
richiami in servizio di cui agli artt. 992 e 993 d.lgs. n. 66/10 e ai
beneficiari dell'art. 3, comma 57, l. n. 350/03. 
    Di tale circostanza il Parlamento non aveva tenuto conto in  sede
di conversione, lasciando invariato il testo originario dell'art.  1,
comma 6, d.l. cit. che indicava gli  oneri  di  spesa  per  gli  anni
2014-2018, in violazione anche dell'art. 17, comma 7, l. n. 196/09 in
materia pensionistica e di pubblico impiego, come interpretato  dalla
Corte Costituzionale con le sentenze ma. 26/13 e 224/14 in  relazione
all'art. 81, comma 3, Cost. 
    Tali conclusioni, per il ricorrente,  erano  poi  avvalorate  dal
richiamo alla "Nota di lettura" n. 57 redatta dal  Servizio  bilancio
del Senato, che stigmatizzava la presenza di indicazione di oneri per
un periodo solo quinquennale e non decennale,  in  contrasto  con  la
Relazione governativa e quindi in assenza di copertura della spesa. 
    "2. Violazione dell'alt  97  Cost.:  a)  profili  concernenti  la
violazione del nuovo parametro di  costituzionalita'  costituito  dal
criterio di economicita'" 
    La scelta attuata dal legislatore con testo definitivo dei  primi
tre  commi  dell'art.   1   cit.   violava   il   "nuovo"   principio
costituzionale inserito nell'art. 97 Cost dall'art. 2,  l.  cost.  n.
1/2012, in quanto non sussistevano risparmi in grado di alimentare il
"budget" spendibile per nuove assunzioni gia' solo per il quinquennio
preso in considerazione, dovendosi riconoscere ai dipendenti  cessati
in virtu' delle disposizioni in questione, per la maggior  parte,  il
massimo  del  trattamento  pensionistico,  con  conseguenti  maggiori
davanti spese e sostanziale mancata liberazione di risorse. 
    "3. b) profili concernenti la violazione  dei  principi  di  buon
andamento e di efficienza". 
    L'istituto del "trattenimento in servizio" aveva la  funzione  di
rendere piu' efficiente l'andamento dei  servizi  e  l'organizzazione
degli  stessi  mentre  l'immediato  allontanamento   disposto   dalla
normativa   in   esame,   senza   alcuna   programmazione,   impanava
negativamente sui canoni di buon andamento ed efficienza  di  cui  al
richiamato art. 97 Cost., con ancor piu'  evidenza  per  l'Avvocatura
dello Stato, che in un primo momento aveva visto applicarsi nei  suoi
confronti il termine del 31 dicembre 2015, come per i  magistrati,  e
dopo soli due mesi aveva subito l'accorciamento  del  termine  al  31
ottobre 2014, con conseguenze dirompenti sull'organizzazione dei suoi
uffici, gia' vacanti di 53 posti. 
    A tal fine il ricorrente richiamava la circostanza per  la  quale
il TAR per l'Emilia-Romagna  aveva  rimesso  alla  Corte  Sovrana  la
relativa questione di costituzionalita' per violazione degli artt. 3,
97 e 117 della Carta. 
    "4. Violazione dell'art. 77, Comma  2  Cost.:  sotto  il  profilo
della 'evidente' insussistenza della 'necessita' e  'urgenza'  stante
l'inidoneita' delle misure previste dai primi commi dell'art.  1  del
d.l.  90/2014  a  conseguire  lo  scopo  prefigurato  del   'ricambio
generazionale'" 
    Per il ricorrente non rivestiva i caratteri della "necessita'"  e
"urgenza" la richiamata esigenza di  dare  luogo  al  c.d.  "ricambio
generazionale" alla base della normativa in esame. Cio' perche',  per
l'accesso al pubblico impiego, di norma, e necessaria  una  complessa
procedura concorsuale, perche' tale esigenza  non  era  configurabile
come straordinaria e perche' erano rimasti  comunque  sostanzialmente
invariati i meccanismi del "turn  over"  nonche'  del  "blocco  delle
assunzioni" di cui ad altre norme ancora in vigore. 
    "5.   Violazione   dell'art.   3   Cost.:   sotto   il    profilo
dell'irragionevolezza". 
    Quanto illustrato nel motivo precedente, secondo  il  ricorrente,
comportava anche  una  violazione  costituzionale  del  principio  di
ragionevolezza, in relazione al c.d. "eccesso di potere legislativo". 
    "6. Violazione dell'art. 3 Cost.:  violazione  del  principio  di
uguaglianza per aver regolato in modo identico situazioni diverse". 
    La  norma  in  questione  aveva  omologato  la  situazione  degli
avvocati dello Stato con  quella  di  tutti  i  pubblici  dipendenti,
nonostante differenti regimi giuridici con cui il  legislatore  aveva
regolato il trattenimento in servizio per  le  diverse  categorie  di
personale, di cui all'art. 1, l. n. 27/81 e all'art. 34, comma 12, l.
289/02 - con i quali era stata unificata la disciplina per magistrati
e avvocati dello Stato nell'individuare la soglia predeterminata  del
75° anno di eta' in relazione a quanto invece previsto  dall'art.  16
d.lgs. n. 503/92 che faceva riferimento al prolungamento per il  solo
biennio - e all'art. 9, comma 31 d.l. n. 78/10, che escludeva da tali
due categorie l'applicazione dell'art. 16, comma 1-bis, d.lgs. cit. 
    Non era dunque  stato  rispettato  il  principio  di  uguaglianza
secondo il quale situazione uguali devono  essere  trattate  in  modo
uguale e situazioni diverse devono essere trattate in modo diverso. 
    "7. Violazione dell'art. 3 Cost.:  violazione  del  principio  di
uguaglianza per aver regolato in modo diverso situazioni uguali". 
    Le considerazioni di cui  al  motivo  precedente  erano  ribadite
sotto  un  profilo  speculare   in   ordine   al   microsistema   del
"trattenimento in servizio" che ora discriminava  gli  avocati  dello
Stato dai magistrati, ordinari, amministrativi e militari. 
    "8. Violazione dell'art. 3  Cost.:  violazione  del  pincipio  di
uguaglianza per aver regolato  in  modo  diverso  situazioni  uguali:
altri profili". 
    Quanto lamentato era confermato dalla  lettura  dell'art.  6-bis,
comma 4, l. n.  45/04  che  parificava  ad  ogni  effetto  giuridico,
nonche' economico, l'istituito  posto  di  "avvocato  generale  dello
Stato aggiunto" con  quello  di  Presidente  "aggiunto"  della  Corte
suprema di cassazione. Inoltre, la "giustificazione"  dell'originaria
indicazione della data del 31 dicembre 2015 per  il  mantenimento  in
servizio dei magistrati era fondata sull'esigenza di salvaguardare la
funzionalita' degli uffici giudiziari ma tale conclusione  era  stata
inspiegabilmente superata per l'Avvocatura dello Stato che pure aveva
analoghe esigenze di funzionalita'  in  relazione  alla  pendenza  di
numerosi processi complessi in materie sensibili, seguiti da tempo da
avvocati dello Stato  in  prossimita'  dell'eta'  di  collocamento  a
riposo. 
    9. Violazione dell'art. 77 Cost.: sotto il profilo della  mancata
adozione di una nuova delibera del Governo  sulle  modificazioni  che
sono state introdotte al d.l. dopo il 13.6.2014  e  prima  della  sua
pubblicazione in G.U.". 
    Le modifiche introdotte al testo originario del d.l. n. 90/14 non
risultavano sottoposte a formale nuova deliberazione del Governo, tra
la seduta  di  quest'ultimo  del  13  giugno  2014  e  la  successiva
pubblicazione, con testo diverso, del 24 giugno successivo. 
    Per tale ragione il ricorrente chiedeva  all'Autorita'  decidente
di invitare espressamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri  a
trasmettere copia conforme del verbale della riunione del  13  giugno
2014 e dei testo in essa effettivamente deliberato. 
    "10. Violazione dell'art. 77 Cost.: sotto il profilo del  ritardo
con cui il d.l. 90/2014 e' stato portato all'esame delle Camere". 
    Il ricorrente lamentava anche che erano trascorsi ben  11  giorni
tra  la  data  di  deliberazione  del  decreto-legge  e   quella   di
presentazione alle Camere, in violazione della  norma  costituzionale
in  rubrica  e  della  corretta  interpretazione  semantica  del  suo
contenuto in  ordine  alle  espressioni  "adozione",  "emanazione"  e
"pubblicazione". 
    "11. Violazione  dell'art.  77  Cost.:  sotto  il  profilo  della
mancanza di requisito dell'urgenza e dell'indifferibilita'". 
    Il   ricorrente   nuovamente   evidenziava    la    carenza    di
indifferibilita' e urgenza  del  provvedimento,  se  presentato  alle
Camere con il ritardo sopra ricordato. 
    "12 Violazione degli artt. 3, 35 e  117  Cost.  (con  riferimento
anche agli  artt.  1,  2  e  6,  par.  I,  direttiva  2000/78/ce  del
27.11.2000, come interpretati dalla Corte di  Giustizia  dell'UE  con
sentenza 6.11.2011 in causa c.286/12)". 
    Il brusco abbassamento del  limite  di  eta'  per  la  cessazione
obbligatoria dell'attivita'  di  servizio  incideva  sull'affidamento
delle persone interessate al proprio  programma  di  vita  personale,
professionale e familiare, considerato che, nel caso  di  specie,  il
ricorrente si era trasferito a Roma, con oneri abitativi  connessi  e
conseguenze affettive, anche in relazione al  suo  nucleo  familiare,
secondo  una  prospettazione  generale   gia'   condivisa   dal   TAR
Emilia-Romagna nell'ordinanza sopra richiamata. 
    Rilevato che il ricorrente, quindi, concludeva la sua esposizione
di cui all'atto di costituzione  chiedendo  la  pronuncia  cautelare,
anche tramite decreto monocratico "inaudita altera parte"; 
    Rilevato che tale ultima richiesta era ulteriormente formalizzata
con  distinto  atto  ritualmente  notificato  e  depositato,  ove  il
ricorrente  ribadiva,  preliminarmente,   di   non   voler   prestare
acquiescenza alla procedura di trasposizione, dato che riteneva nulla
e inammissibile l'opposizione proposta - in pendenza  di  sospensione
dell'affare avanti alla Sezione consultiva del Consiglio di  Stato  -
da parte di organi dello Stato e  tramite  l'Avvocatura  dello  Stato
stessa, che aveva replicato su ogni motivo dell'impugnativa avanti al
Consiglio di Stato, dimostrando di accettate cosi' senza  riserve  lo
svolgimento in sede "straordinaria"; 
    Rilevato che l'istanza cautelare monocratica era rigettata con il
decreto presidenziale in epigrafe; 
    Rilevato che si costituivano in giudizio le Amministrazioni sopra
evidenziate, depositando anche una memoria per la camera di consiglio
cautelare del 2 settembre 2015; 
    Rilevato che l'avv. Messineo, dal canto suo, depositava anch'egli
una memoria illustrativa in prossimita' della camera di consiglio,  a
confutazione  delle  tesi  dell'Amministrazione  e  insistendo  sulla
dedotta nullita' e inammissibilita' dell'opposizione ex art 10 d.p.r.
cit.; 
    Rilevato che con l'ordinanza  collegiale  indicata  in  epigrafe,
questa Sezione, ritenendo  di  rinviare  all'approfondimento  proprio
della fase di merito le questioni procedurali proposte dalle parti in
ordine  alla  nullita'/irritualita'  dell'opposizione  ma  anche   di
doversi  pronunciare  subito  sulla  domanda  cautelare,   ai   sensi
dell'art. 48, comma 2, la  rigettava  essenzialmente  sulla  rilevata
carenza di pregiudizio; 
    Rilevato che  con  l'ordinanza  pure  in  epigrafe  indicata,  la
Sezione Quarta del Consiglio di  Stato,  adita  in  fase  di  appello
dall'avv. Messineo,  ritenendo  che  la  delibazione  delle  suddette
questioni procedurali fosse necessaria ancor prima di ogni  pronuncia
cautelare rilevando sulla stessa "potestas iudicandi" del TAR  e  che
tali  questioni  non  apparivano  del  tutto  sfornite  di   "fumus",
soprattutto  quella  relativa  al  divieto  di  atti  procedurali  in
pendenza di sospensione per pregiudizialita' costituzionale, riteneva
necessario che questo Tribunale si pronunciasse subito, se  del  caso
con sentenza parziale, sulle  suddette  questioni.  Il  Consiglio  di
Stato, quindi, annullava la  suddetta  ordinanza  di  questa  Sezione
disponendo affinche', ai sensi dell'art. 55, comma 10, c.p.a.,  fosse
sollecitamente fissata in primo grado un'udienza di merito; 
    Rilevato che nelle  more  della  decisione  di  un  ricorso  alla
medesima Sezione del Consiglio di Stato, ex art. 112, comma 5, c.p.a.
per chiedere chiarimenti su tale ultima ordinanza cautelare  proposto
dall'Avvocatura dello Stato,  era  quindi  fissata  avanti  a  questa
Sezione una prima camera di consiglio al 21  ottobre  2015,  a  causa
dell'intervenuta sospensione feriale dei  termini  che  impediva  una
fissazione del merito idonea a rispettare i termini di  cui  all'art.
71 c.p.a., in prossimita' della quale le parti depositavano ulteriori
memorie, in cui sostanzialmente ribadivano le rispettive tesi, e  una
dichiarazione congiunta di rinuncia ai termini processuali; 
    Rilevato che, sulla base di tale rinuncia era quindi direttamente
fissata l'udienza pubblica al 4 novembre 2015, ove  il  difensore  di
parte ricorrente dichiarava che non esisteva nuova istanza cautelare; 
    Rilevato che a tale data la causa era trattenuta in decisione; 
    Rilevato che, con separata sentenza parziale, questa  Sezione  si
e' pronunciata affrontando pregiudizialmente la questione processuale
sopra  illustrata  e  dichiarando   l'ammissibilita'   dell'atto   di
opposizione e della conseguente costituzione nel  presente  giudizio,
come proposti, nonche' la legittimazione attiva delle Amministrazioni
in epigrafe, mediante il patrocinio  dell'Avvocatura  Generale  dello
Stato; 
    Considerato che,  nell'esaminare  quindi  i  motivi  di  gravarne
proposti dal ricorrente avv. Messineo, il  Collegio  rileva  che  gli
stessi sono tutti orientati nel rilevare la  ritenuta  illegittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3, d.l. n.
90/14, conv. in l. n. 114/14; 
    Considerato  che  il  Collegio  non  puo'   non   rilevare   che,
anteriormente alla opposizione e conseguente trasposizione ex art. 10
d.p.r. n. 1199/71 la Sezione Prima del Consiglio di Stato aveva  gia'
esaminato tali profili ritenendo di individuare profili di  rilevanza
e non manifesta infondatezza delle questioni prospettate; 
    Considerato che,  nella  ricostruzione  di  cui  alla  richiamata
separata sentenza parziale, questo Collegio ha  ritenuto  ammissibile
l'opposizione   e   trasposizione    in    questione,    in    virtu'
dell'alternativita'" piena operante tra  ricorso  "straordinario"  al
Presidente  della  Repubblica  e  ricorso  giurisdizionale  e   della
prevalenza della disciplina dell'art. 10 d.p.r. cit. sull'art. 13 del
medesimo d.p.r. nel testo ora vigente; 
    Considerato che, in sintesi,  il  Collegio  ha  ritenuto  che  la
dedotta "prevalenza" sull'art. 13 nel nuovo testo  e  dovuta  sia  al
carattere di "specialita'"  della  norma  sull'opposizione  sia  alla
circostanza che essa  "...e'  la  norma  fondante  del  rapporto  tra
ricorso  straordinario  e  ricorso  giurisdizionale",  di  cui,  come
elemento      qualificante,      deve       individuarsi       quello
dell'"alternativita'"; 
    Considerato  che  tale  rapporto  di  "alternativita'"  e'  stato
previsto sin dall'istituzione della Sezione Quarta del  Consiglio  di
Stato ed esso postula che qualsiasi parte,  diversa  del  ricorrente,
abbia la possibilita' di optare per il rimedio  giurisdizionale,  che
offre maggiori garanzie rispetto al ricorso straordinario (CEDU, Sez.
XIII, sent. 28.9.99 -  Nardella)  e  che,  di  conseguenza,  la  tesi
contraria  non  puo'  essere  condivisa  perche'   comporterebbe   la
sottrazione al plesso giurisdizionale della fase cautelare, in quanto
l'opposizione ex art. 10 cit., se non proponibile durante il  periodo
di  sospensione  per   questione   di   costituzionalita'   ma   solo
successivamente alla  definizione  di  questa,  sottrarrebbe  a  tale
plesso il potere cautelare che gli permane; 
    Considerato che, in sostanza, ai sensi dell'art. 48  c.p.a.,  che
ora  disciplina  la  trasposizione  del  procedimento   per   ricorso
straordinario  cui  "segue"  il  giudizio   innanzi   al   'Tribunale
Amministrativo Regionale, rilievo dell'eccezione di costituzionalita'
deve "seguire", come tutto il giudizio, la sede  giurisdizionale  per
cui solo il detto 'Tribunale  puo'  valutarne  la  "centralita'"  nel
giudizio posto alla sua attenzione; Considerato che, come  corollario
implicito ne deriva che, una volta disposta la rituale trasposizione,
l'unico organo che mantiene il potere di decidere la domanda  secondo
la   prospettazione   originaria    del    ricorrente    e'    quello
giurisdizionale, nel suo doppio grado, che quindi viene investito  di
tutta la questione, ivi  compresa  quella  relativa  ad  un'eventuale
rilevanza e non manifesta infondatezza costituzionale che  nuovamente
passa al suo vaglio; 
    Considerato  che  a  tale  conclusione  deve   pervenirsi   anche
osservando che, quando il soggetto legittimato e' ancora nei  termini
per proporre opposizione ex art. 10 cit., non risponderebbe a  canoni
di ragionevolezza ed  economicita',  operanti  in  campo  processuale
anche in relazione all'art. 111  Cost.  che  gli  fosse  impedito  di
procedere in tal senso in virtu'  di  una  disposta  sospensione  per
"costituzionalita'" dell'affare avanti  al  Consiglio  di  Stato,  se
comunque, all'esito del giudizio di costituzionalita' e alla  ripresa
dell'esame avanti a tale organo, il soggetto interessato (solo a quel
punto) potrebbe (ri)  proporre  l'opposizione,  trasponendo  l'intera
questione al plesso giurisdizionale, che dovrebbe quindi (ri)valutare
la questione di costituzionalita' e ritenerla  irrilevante,  rendendo
cosi' come "inutiliter data" la pronuncia della Corte; 
    Considerato che  se  -  come  e'  -  sussiste  completa  e  piena
alternativita' tra il ricorso straordinario e quello giurisdizionale,
ogni pronuncia. interinale adottata nel primo  non  puo'  valere  nel
secondo; 
    Considerato  che  cio'  e'  confermato  dalla  stessa  previsione
dell'art.  48  c.p.a.,  comma  2,  secondo  il  quale  "Le   pronunce
sull'istanza cautelare rese in sede straordinaria  perdono  efficacia
alla  scadenza  del  sessantesimo  giorno  successivo  alla  data  di
deposito dell'atto di costituzione in giudizio previsto dal comma  1.
Il  ricorrente  puo'  comunque  riproporre  l'istanza  cautelare   al
tribunale amministrativo regionale."; 
    Considerato che e' quindi  chiaro  per  il  Collegio  che  se  il
legislatore ha previsto la  perdita  automatica  di  efficacia  della
pronuncia cautelare resa  in  sede  "straordinaria",  successivamente
alla proposizione dell'atto di trasposizione, ne  deriva  che  i  due
giudizi sono autonomi e indipendenti - appunto secondo  il  principio
di alternativita' - per cui la sospensione  dell'uno,  anche  se  per
ragioni di "costituzionalita'", non incide sull'altro, che  ben  puo'
essere attivato mediante la notificazione dell'atto di opposizione ex
art.  10  cita  e  la  costituzione   in   giudizio   dell'originario
ricorrente,  atti  questi  entrambi   riconducibili   all'alternativo
giudizio avanti al "plesso giurisdizionale"; 
    Considerato, infatti, che il Consiglio di Stato ha precisato  che
il termine di 60 giorni per  l'opposizione  all'ulteriore  corso  del
rimedio straordinario, e per il trasferimento in sede giurisdizionale
della controversia ha natura processuale, in  quanto  concernente  il
giudizio davanti al  giudice  amministrativo  e  non,  viceversa,  il
ricorso straordinario (Cons. Stato, Sez. IV, 6.8.13, n. 4149); 
    Considerato  che,   quindi,   nella   presente   fattispecie   la
sospensione  del  procedimento  disposta  in   sede   "straordinaria"
riguardava solo "quel"  procedimento  e  non  poteva  incidere  sulla
legittimazione  a  proporre  l'autonomo  giudizio  avanti  al  plesso
giurisdizionale   mediante   atto   di   opposizione   e    relativa.
costituzione; 
    Considerato, per tali ragioni, che nella presente sede, sotto  il
primario  profilo  della  rilevanza   "processuale",   il   Collegio,
ritenendosi investito della "potestas judicandi" piena secondo quanto
sopra riferito, deve riesaminare la  questione  di  costituzionalita'
come dedotta, sotto molteplici profili, dal ricorrente; 
    Considerato   che   i   provvedimenti   impugnati   si    fondano
sostanzialmente sull'applicazione della normativa sopravvenuta di cui
all'art. 1 d.l. n. 90/14, conv. in l. n. 114/14, per cui anche  sotto
tale profilo e' evidente la rilevanza "sostanziale"  della  questione
di costituzionalita' in esame che, se fondata, porterebbe a pronuncia
incidente direttamente sui provvedimenti impugnati; 
    Considerato che, in merito, sia pure con parere che,  per  quanto
sopra illustrato, puo' assumere in questa sede valenza di mero fatto,
la Sezione Prima del Consiglio di Stato (nell'adunanza del  1  aprile
2015) aveva gia' rilevato i presupposti di non manifesta infondatezza
della  questione  di  costituzionalita'  come  prospettata  dall'avv.
Messineo; 
    Considerato che  il  Collegio  ritiene  di  condividere  le  tesi
dell'organo che si era espresso in tal senso sede consultiva  e  che,
quindi, ora ripropone; 
    Considerato che la questione di costituzionalita' della norma  di
cui ai commi 1, 2  e  3  del  decreto-legge  n.  90  del  2014,  come
modificato dalla legge di conversione n. 114 del 2014, verte  per  la
parte in cui ha  disposto  l'abrogazione  dell'art.  16  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni; 
    Considerato, in merito, che il menzionato art. 16  prevedeva,  al
comma 1, la facolta', dell'Amministrazione di trattenere in  servizio
per un periodo massimo di un biennio il dipendente oltre i limiti  di
eta' previsti  dalla  norma  applicabile  al  dipendente  stesso,  in
relazione "alla particolare esperienza  professionale  acquisita  dal
dipendente  in  determinati  o  specifici  ambiti  ed   in   funzione
dell'efficiente andamento dei servizi"; 
    Considerato che il successivo comma 1-bis prevedeva, mediante una
serie di  rinvii,  che  la  facolta'  di  trattenimento  in  servizio
attribuita all'Amministrazione fosse estesa a cinque anni  ("sino  al
compimento del settantacinquesimo anno di  eta'")  per  i  magistrati
ordinari e amministrativi, per i magistrati della giustizia  militare
nonche' per "gli avvocati dello Stato"; 
    Considerato, come  detto,  che  i  provvedimenti  impugnati  sono
espressamente fondati sulle disposizioni di cui all'art. 1, commi  1,
2 e 3, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, come convertito in legge,  che
rilevano in quanto abrogatrici della facolta' dell'Amministrazione di
trattenimento in servizio dei dipendenti civili dello Stato  e  degli
enti pubblici non economici (comma  1)  e,  in  via  subordinata,  in
quanto hanno  (ri)disciplinato  i  trattenimenti  in  servizio  degli
"avvocati dello Stato" nell'ambito della generalita' dei dipendenti e
non nell'ambito delle categorie di personale di cui all'art. 1  della
legge 19 febbraio 1981,n. 27 (comma 3); 
    Considerato che la questione di costituzionalita' proposta  anche
nella presente sede e' stata sollevata sotto diversi profili relativi
a vizi del procedimento (art. 77 Cost.), alla violazione dell'art  81
Cost. e dei principi di economicita' (art. 97, primo comma Cost.)  di
buon andamento e imparzialita' dell'Amministrazione,  di  eguaglianza
(artt. 97 e 3 Cost.) e, infine, alla violazione degli artt. 3,  35  e
117 della Costituzione, con riferimento agli arti. 1, 2 e 6 direttiva
2000/78/0; Considerato che la questione  di  costituzionalita'  della
normativa sopra richiamata, posta con riferimento alla norma  di  cui
agli artt. 3, 81, terzo comma,  e  97  Cost.  non  e'  manifestamente
infondata; 
    Considerato, in primo luogo, che il legislatore ha  ritenuto  che
il rinvio del collocamento a riposo, oggetto di abrogazione da  parte
della normativa della  cui  costituzionalita'  il  ricorrente  dubita
fosse funzionale alle misure di contenimento  della  spesa  pubblica,
nel senso riconducibile  alla  giurisprudenza  costituzionale  (Corte
cost. 83/2013); 
    Considerato  che,  quindi,   l'eliminazione   dell'istituto   del
"trattenimento in servizio", come introdotta dall'art.  1,  comma  1,
del d.l. n. 90 dei 2014, comporta indubbiamente  maggiori  spese  per
l'erario  causate  dall'anticipo  dell'erogazione   del   trattamento
pensionistico e di  quelli  di  fine  servizio  come  originariamente
calcolati dal Governo e riportati al comma 6  dello  stesso  art.  1,
d.l. cit.,  secondo  il  quale:  "All'onere  derivante  dal  presente
articolo pari a 2,6 milioni per l'anno 2014, 75,2  per  l'anno  2015,
113,4 milioni per l'anno 2017 e 152,9 milioni a  decorrere  dall'anno
2018, si provvede con le seguenti modalita':"; 
    Considerato che tale determinazione quantitativa  e'  in  effetti
rimasta invariata anche nel testo "convertito", pur  in  presenza  di
modificazioni introdotte dalla  relativa  legge  di  conversione  che
hanno significativamente ampliato le categorie di dipendenti pubblici
a cui si applica la specifica disciplina, laddove, in particolare: 
    a) e' stata modificata, per quanto concerne  gli  avvocati  dello
Stato, l'originaria previsione contenuta  nel  comma  3,  che  faceva
espressamente "salvi sino al 31 dicembre 2015" anche "i trattenimenti
in servizio ... degli avvocati dello  Stato",  prevedendo  anche  per
questi ultimi che "i trattenimenti in servizio in essere alla data di
entrata in vigore del ... decreto"- legge  dovessero  cessare  il  31
ottobre 2014"; 
    b) e' stato inserito, nel  testo  originario  dell'art.  1  cit.,
comma 3-bis, con cui la  data  di  cessazione  dei  trattenimenti  in
servizio del personale della scuola e stata ulteriormente  anticipata
al 31 agosto 2014 (rispetto alla data  comune  del  31  ottobre  2014
prevista per tutti i  dipendenti  dal  2°  comma  dell'art.  1:  data
quest'ultima che, con specifico riguardo al personale  della  scuola,
era destinata, a sua volta, ad essere differita alla  fine  dell'anno
scolastico - vale a dire al 31 agosto 2015 - in funzione di specifica
regola propria dell'organizzazione scolastica dettata a  salvaguardia
del principio di continuita' didattica); 
    c) e'  stato  soppresso  l'originario  comma  4  dell'art.  1  in
questione, che, al fine di garantire  l'efficienza  e  l'operativita'
del sistema di difesa e sicurezza nazionale, manteneva ferma sino  al
31 dicembre 2015 la disciplina dei richiami in servizio di  cui  agli
artt. 992 e 993 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, 
    d) e' stato riscritto l'originario comma 5 per cui,  rispetto  al
testo iniziale, le modifiche introdotte provvedono a stabilizzare  la
facolta',  per  le  pubbliche  amministrazioni,  di  addivenire  alla
risoluzione anticipata  del  rapporto  di  lavoro  o  del  contratto,
estendendo tale facolta' di risoluzione anticipata anche ai  soggetti
che abbiano beneficiato dell'articolo 3, comma  57,  della  legge  24
dicembre 2003, n. 350 (riammissione in servizio dopo la sospensione a
seguito  di  procedimento   penale   conclusosi   con   sentenza   di
proscioglimento); 
    Considerato che, nonostante l'introduzione di siffatte  rilevanti
modifiche comportanti maggiori spese, il testo dell'originario  comma
6 dell'art. 1 e' rimasto invariato, sicche' non appare manifestamente
infondata la censura relativa alla  violazione  della  norma  di  cui
all'art. 81, terzo comma, Cost., come sostituito dall'art.  1,  comma
1, legge cost. 20 aprile 2012, n. 1, secondo  cui:  "Ogni  legge  che
importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte"; 
    Considerato che appare  utile  in  proposito  ricordare  che,  in
vigenza del testo originario dell'art.  81  Cost.  secondo  il  quale
"ogni altra [altra rispetto alla legge di bilancio] legge che importi
maggiori  spese  deve  indicare  i  mezzi  per  farvi   fronte",   la
giurisprudenza costituzionale, sin dalla sentenza  n.  1/1966,  aveva
affermato che "l'obbligo della copertura deve  essere  osservato  dal
legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove  o  maggiori
che la legge prevede siano inserite negli stati di  previsione  della
spesa per gli esercizi futuri"; 
    Considerato  che  il  contenuto  di   detto   obbligo   e   stato
ulteriormente  chiarito  dalla  Corte  Sovrana,  laddove   e'   stato
precisato che  la  copertura  finanziaria  deve  essere  indicata  in
maniera "credibile" (sentenze nn. 115 e 214 del 2012 e 28 del  2013),
che non puo' essere assoggettata a  copertura  un'entita'  indefinita
(sentenza n. 181 del 2013) e che, in  presenza  di  disposizioni  che
comportano un onere, la cui esistenza "si desume  dall'oggetto  della
legge  e  dal  contenuto  di  essa",  l'incapienza   dei   pertinenti
stanziamenti di  bilancio  determina  la  conseguente  illegittimita'
delle stesse per contrasto con l'art. 81,  quarto  comma,  Cost.  nel
testo originario; 
    Considerato  che,  piu'  di  recente,  la  Corte  costituzionale,
nell'esercizio  del  controllo  successivo  di  leggi  di  spesa,  ha
affermato che il  principio  di  analitica  copertura  finanziaria  -
espresso dall'art. 81, quarto comma,  Cost.,  e  ora  sostanzialmente
riprodotto nell'art. 81, terzo comma,  Cost.,  come  formulato  dalla
legge costituzionale n. 1 del 2012, e previsto dall'art. 17, comma 7,
della legge n. 196 del 2009 -  ha  natura  di  precetto  sostanziale,
cosicche' "ogni disposizione che comporta conseguenze finanziarie  di
carattere positivo o negativo deve essere  corredata  da  un'apposita
istruttoria e successiva allegazione degli effetti previsti  e  della
relativa compatibilita' con le risorse disponibili e che, nel caso di
norme a regime ..., (come quelle di specie), tali  operazioni  devono
essere  riferite  sia  all'esercizio  di  competenza  che  a   quelli
successivi in cui le norme esplicheranno effetti"  (sentenza  n.  224
del 2014); 
    Considerato  che  appare  opportuno   rammentare   il   contenuto
prescrittivo del citato art. 17, comma 7,  della  legge  31  dicembre
2009, n. 196 richiamato dal Giudice delle leggi, in cui  e  stabilito
che "Per le disposizioni legislative in materia  pensionistica  e  di
pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene  un  quadro
analitico  di  proiezioni  finanziarie,  almeno  decennali,  riferite
all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e  al
comparto di riferimento. Per le disposizioni legislative  in  materie
di pubblico impiego, la relazione contiene  i  dati  sul  numero  dei
destinatari,  sul  costo  unitario,  sugli  automatismi   diretti   e
indiretti che ne  conseguono  fino  alla  loro  completa  attuazione,
nonche' sulle loro correlazioni con lo stato giuridico  ed  economico
di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili."; 
    Considerato che il comma 3 dello stesso art.  17,  a  sua  volta,
prescrive che  "...  i  disegni  di  legge,  gli  schemi  di  decreto
legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino
conseguenze finanziarie devono  essere  corredati  di  una  relazione
tecnica, predisposta dalle amministrazioni  competenti  e  verificata
dal Ministero dell'economia e delle  finanze,  sulla  quantificazione
delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione,  nonche'
delle  relative  coperture,  con  la  specificazione,  per  la  spesa
corrente e per le  minori  entrate  degli  oneri  annuali  fino  alla
completa attuazione delle norme e, per le spese  in  conto  capitale,
della  modulazione  relativa  agli   anni   compresi   nel   bilancio
pluriennale e dell'onere  complessivo  in  relazione  agli  obiettivi
fisici previsti. Alla  relazione  tecnica  e  allegato  un  prospetto
riepilogativo degli effetti finanziari di  ciascuna  disposizione  ai
fini del saldo netto da finanziare  del  bilancio  dello  Stato,  del
saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche  e  dell'indebitamento
netto del conto consolidato delle  pubbliche  amministrazioni.  Nella
relazione  sono  indicati  i  dati  e  i  metodi  utilizzati  per  la
quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la  verifica
tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui  ai  regolamenti
parlamentari, nonche' il raccordo con le previsioni  tendenziali  del
bilancio dello Stato, del conto consolidato  di  cassa  e  del  conto
economico delle  amministrazioni  pubbliche,  contenute  nel  DEF  ed
eventuali successivi aggiornamenti.". Detta relazione - ai sensi  del
comma  4  -  deve  anche  evidenziare  "gli   effetti   di   ciascuna
disposizione  sugli  andamenti  tendenziali  del  saldo  di  cassa  e
dell'indebitamento  netto  delle  pubbliche  amministrazioni  per  la
verifica del rispetto degli equilibri di finanza pubblica,  indicando
altresi' i  criteri  per  la  loro  quantificazione  e  compensazione
nell'ambito della stessa copertura finanziaria"; 
    Considerato che lo stesso Giudice delle Leggi - con la richiamata
sentenza n. 224/2014 - ha chiarito che l'art. 17 della legge  n.  196
del 2009 esplicita gli specifici  adempimenti  con  cui  deve  essere
concretamente attuato il principio di analitica copertura finanziaria
posto dall'art. 81 Cost., sicche' le prescrizioni poste dal  suddetto
art. 17  costituiscono  indicatori  puntuali  e  parametri  utili  di
riferimento per verificare il rispetto dello stesso art. 81 Cost.; 
    Considerato che anche nella sentenza  13,  26/2013  la  Corte  ha
ribadito con specifico  riferimento  alle  disposizioni  "in  materia
pensionistica" la necessita'  che  esse  siano  "accompagnate  da  un
quadro  analitico  di  proiezioni  finanziarie,   almeno   decennali,
riferite  all'andamento  delle  variabili   collegate   ai   soggetti
beneficiari,  e  non  semplicemente  da  una  stima  apodittica   dei
conseguenti oneri.", rimarcando un principio desumibile  anche  nelle
sentenze nn. 9 del 1958, 16 del 1961, 19 del 1970, 331 del 1988, 26 e
384 del 1991, 25 del 1993, 446 del 1994, 359 del 2007, 213 e 386  del
2008, 70 del 2012; 
    Considerato che e' certo che le disposizioni recate  dall'art.  1
del d.l. n. 90 del 2014 riguardino la  materia  "pensionistica  e  di
pubblico impiego" e che, pertanto, l'introduzione  di  esse  imponeva
l'adozione di tutti gli indicati adempimenti  e  la  formulazione  di
specifica relazione conforme a quanto prescritto dal richiamato  art.
17, comma 3, della legge n. 196/2009; 
    Considerato  che  si  rileva  invece  l'omissione  dei   suddetti
adempimenti, come confermata dalla Nota di lettura n. 57, redatta dal
Servizio del bilancio del Senato richiamata dal ricorrente,  dedicata
all'art. 1 del d.l. 90/2014 e nella quale si rileva quanto segue: 
    a) la relazione tecnica governativa da' atto che  "Dal  complesso
delle  disposizioni"  concernenti  l'abrogazione  dell'istituto   del
mantenimento in servizio "derivano maggiori oneri  previdenziali  per
anticipo dell'erogazione della pensione e  dei  trattamenti  di  fine
servizio"; 
    b) la quantificazione di tale maggiore spesa, contenuta nel comma
6 dell'art. 1, e' stata effettuata "Sulla base di  dati  desunti  dal
conto annuale (2012) " dal quale "risultano in corso trattenimenti in
servizio per circa 1.200  soggetti  di  cui  circa  660  relativi  al
comparto   della   magistratura":   -   si   tratta,   pertanto,   di
quantificazione  non  aggiornata  al  2014,  che  non   tiene   conto
dell'effettivo   numero   dei   soggetti   coinvolti   dalle    nuove
disposizioni,  sicche'  la  spesa  risulta  determinata  con  margini
rilevanti di approssimazione per difetto; 
    c) le previsioni di spesa riferite nel  prospetto  allegato  alla
relazione tecnica governativa e poi riprodotte nel comma 6  dell'art.
1 - riguardano solo il quinquennio 2014-2018, nonostante nella stessa
relazione si riconosca e si dia  atto  che  gli  oneri  in  questione
sussistono anche per gli anni successivi, sicche' risulta non assolto
l'obbligo di indicare le proiezioni finanziarie, almeno decennali; 
    d)   l'anticipazione   al   31   agosto   2014   dell'abrogazione
dell'istituto  del  mantenimento  in  servizio,  introdotta  in  sede
parlamentare con riguardo al personale  scolastico,  che  secondo  il
Governo  "non   comporta   alcun   effetto   finanziario",   non   e'
condivisibile alla  stregua  della  previsione  originaria  (che  non
differenziava  detto  personale   rispetto   alla   generalita'   dei
dipendenti), in quanto  la  cessazione  dal  servizio  avrebbe  avuto
effetti - per il principio della continuita' didattica - non gia'  il
31 agosto 2014 (come ora previsto), bensi' il 31 agosto 2015  (o,  in
tesi alternativa restrittiva, il 31 ottobre 2014); 
    e)  la  tesi  della  neutralita'  finanziaria   delle   modifiche
riguardanti oli avvocati dello Stato, che secondo il Governo  sarebbe
"compensata" dal differimento al 31 dicembre 2015 del collocamento  a
riposo del gruppo di magistrati i cui provvedimenti  di  mantenimento
in servizio non si erano ancora perfezionati,  non  e'  sostenuta  da
elementi a supporto, anche nella considerazione che  "[1]  a  diversa
estensione  delle  platee  in  questione  non   induce   a   ritenere
prudenziale  una  valutazione  di   neutralita'   finanziaria   delle
modifiche apportate", tanto piu' che "in merito alla  maggiore  spesa
pensionistica e  a  quella  relativa  all'anticipo  del  TFS  ...  si
dovrebbero  acquisire  i  dati  relativi   all'anticipo   medio   del
pensionamento rispetto a quanto previsto  a  legislazione  vigente  e
all'importo medio del trattamento pensionistico ..., nonche' del  TFS
stesso"; 
    f)  il  mancato   computo   delle   ulteriori   spese   derivanti
dall'anticipazione  al  31  ottobre  2014  della   cessazione   della
disciplina per i richiami, di cui agli artt. 992 e 993 del d.lgs.  15
marzo 2010, n. 66, indotta dalla soppressione dell'originario comma 4
dell'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, che manteneva ferma fino  al  31
dicembre 2015 la disciplina del trattenimento in servizio; 
    g)   l'assenza   di   qualsiasi   indicazione   della   copertura
finanziaria, dopo  la  riscrittura  del  comma  5  dell'art.  1,  che
disciplina la facolta' di  risoluzione  anticipata  del  rapporto  di
lavoro o del contratto individuale anche del personale dirigenziale; 
    Considerato che nella "Nota di lettura" in  questione  si  rileva
ancora che  "parte  delle  coperture  degli  oneri  (tutti  di  parte
corrente)  e'  rappresentata  da  risorse  in  conto  capitale,  come
peraltro riconosciuto dallo stesso Governo .... e che, nelle more del
conseguimento  dei  risparmi   derivanti   dalla   spending   review,
l'accantonamento di ulteriori somme a valere sugli stanziamenti delle
amministrazioni  centrali  dello  Stato  potrebbe,  alla   luce   del
succedersi di  interventi  analoghi,  pregiudicare  la  funzionalita'
delle medesime amministrazioni,  ovvero  riflettersi  negli  esercizi
successivi determinando fenomeni  di  rimbalzo  negli  impegni  sulle
linee di finanziamento incise dalla norma"; 
    Considerato che, in virtu' delle  considerazioni  ora  espresse -
come anticipato - non appare manifestamente infondata l'eccezione  di
violazione del precetto  posto  dall'art.  81,  terzo  comma,  Cost.,
ottemperanza  al  quale  i  soggetti  contitolari   delle   decisioni
politiche,  Governo  e  Parlamento,   sono   tenuti   alla   verifica
sull'esatta quantificazione, e sulla credibile copertura, degli oneri
finanziari che derivano dagli atti legislativi; 
    Considerato che, peraltro, tali adempimenti assumono  rilievo  ai
fini della giustiziabilita'  costituzionale  delle  leggi  anche  nel
quadro della novella del 2012, che, nella riformulazione dell'art. 81
Cost., ha introdotto il concetto di "equilibrio di bilancio",  legato
all'andamento del ciclo economico,  che  e'  diverso  da  quello  del
pareggio formale della spesa e dell'entrata; 
    Considerato che a siffatta conclusione sulla necessita' nel  caso
di specie  di  un  sindacato  costituzionale  inducono  anche  alcuni
principi  ricavabili  dalla   sentenza   n.   81/2012   della   Corte
costituzionale in materia di "insindacabilita'" degli atti  politici,
laddove, pur affermandosi che l'esistenza  di  spazi  riservati  alla
scelta politica e' condivisibile e suffragata da elementi. di diritto
positivo, si aggiunge che tali spazi di  "discrezionalita'  politica"
trovano i  loro  confini  nei  principi  di  natura  giuridica  posti
dall'ordinamento, tanto a livello  costituzionale  quanto  a  livello
legislativo, e che  quando  il  legislatore  predetermina  canoni  di
legalita'  ad  essi  la  politica  deve  attenersi,  in  ossequio  ai
fondamentali principi dello Stato di diritto; 
    Considerato che appaiono parimenti non manifestamente infondate e
rilevanti, ai fini della decisione del ricorso, le ulteriori  censure
del ricorrente, nella parte in cui deduce l'illegittimita'  dell'art.
1 d.l. n. 90/14 cit. per  violazione  dell'art.  97  Cost.  sotto  il
profilo del  parametro  costituito  dal  criterio  di  "economicita'"
introdotto dalla 1. cost. n. 1/2012; 
    Considerato,  in  merito,   che   l'art.   2   di   detta   legge
costituzionale,  in  vigore  dal  1  gennaio  2014,  stabilisce  che:
"All'articolo 97 della Costituzione, al primo comma  e'  premesso  il
seguente:   «Le   pubbliche   amministrazioni,   in   coerenza    con
l'ordinamento  dell'Unione  europea,  assicurano   l'equilibrio   dei
bilanci e la sostenibili del debito pubblico"; 
    Considerato che tale "novella", come  osservato  dal  ricorrente,
recepisce nella Carta Costituzionale il criterio  di  "economicita'",
gia' vigente nell'ordinamento a norma dell'art.  1,  comma  1,  della
legge n. 241/1990, e pone quindi un vincolo  ineludibile  soprattutto
sulla capacita' e sulla condizione della spesa delle  Amministrazioni
pubbliche, i cui esborsi non possono quindi mai eccedere  le  risorse
effettivamente disponibili; 
    Considerato che i vincoli discendenti da  tale  nuova  disciplina
costituzionale dovrebbero riguardare anche le scelte  legislative  in
tema di organizzazione delle amministrazioni pubbliche, dovendo  tali
scelte privilegiare e favorire il detto criterio di "economicita'"; 
    Considerato che il ricorrente deduce proprio che un raffronto tra
i costi del trattenimento in servizio e i risparmi da destinare  alle
assunzioni - su cui  si  sofferma  il  Governo  nella  relazione  che
accompagna il decreto-legge in questione -  evidenzia  la  violazione
del  suddetto  criterio  costituzionalmente  rilevante,  secondo   il
contenuto della richiamata "Nota di lettura"  del  Servizio  bilancio
del  Senato,  nella  parte  in   cui   osserva   come   l'abrogazione
dell'istituto del - trattenimento in servizio comporti una  rilevante
spesa ("maggiori oneri  previdenziali  per  anticipo  dell'erogazione
della pensione e dei  trattamenti  di  fine  servizio")  destinata  a
protrarsi nel tempo e che, ove  si  mantenesse  il  trattenimento  in
servizio,  consentirebbe  ogni  anno  rilevanti  risparmi   che   ben
potrebbero "alimentare il budget spendibile per nuove assunzioni"; 
    Considerato che, sul punto, la tabella riportata  nella  suddetta
"Nota  di  lettura",  dedicata  all'analisi  dell'art.  1  di   cit.,
evidenzia che, nel raffronto tra maggiori costi per  pensioni  e  per
trattamento  di  fine  servizio  e  risparmi   per   spese   correnti
stipendiali  conseguenti   all'abrogazione   del   trattenimento   in
servizio, emergono non gia' "risparmi da  cessazione",  che  liberino
somme  spendibili  per  nuove  assunzioni,  bensi'   un   consistente
disavanzo passivo per l'erario, pari a complessivi 467,3  milioni  di
euro netti (di cui 2,6 per il 2014, 75,2 per il 2015,  113,4  per  il
2016, 123,2 per il 2017 e 152,9 per il 2018); 
    Considerato che a tale aggravio  per  la  finanza  pubblica  deve
aggiungersi il mancato  introito  dei  contributi  previdenziali  dei
dipendenti interessati al trattenimento in servizio, i cui versamenti
non Sarebbero utili ad incrementare la loro  posizione  pensionistica
avendo quasi tutti gia' raggiunto il massimo conseguibile; 
    Considerato che l'eccezione di costituzionalita' della  normativa
primaria sopra richiamata non  ,e'  quindi  manifestamente  infondata
neanche in relazione alla  denunciata  violazione  dell'articolo  97,
secondo comma, Cost., con riferimento ai principi di buon andamento e
di efficienza, posti a tutela dell'interesse pubblico; 
    Considerato, infatti, che  la  scelta  governativa,  in  sede  di
emanazione del decreto legge, e parlamentare,  in  sede  di  relativa
conversione in legge, di abrogare l'istituto  del  "trattenimento  in
servizio",  intesa  nel  senso  di  abrogare   "la   facolta'   della
Amministrazione,  in  base  alle  proprie  esigenze  organizzative  e
funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla
particolare esperienza professionale del dipendente in determinati  e
specifici  ambiti  ed  in  funzione  dell'efficiente  andamento   dei
servizi", comporta il risultato pratico di privare le amministrazioni
di risorse umane peculiari,  non  facilmente  rinvenibili  nei  tempi
immediati,  al  solo  scopo  di  favorire   un   generico   "ricambio
generazionale"; 
    Considerato che il Collegio osserva anche  che,  nella  relazione
governativa che accompagna il decreto-legge in esame, si precisa  che
la disciplina dettata nei primi commi dell'art. 1 - il cui titolo  e'
"disposizioni  per  il   ricambio   generazionale   nelle   pubbliche
amministrazioni"  -  "e'   finalizzata   a   favorire   il   ricambio
generazionale" ma che nella stessa relazione il Governo individua  le
cause del mancato ricambio  nel  "blocco  delle  assunzioni"  indotto
dalla disciplina del c.d. "turn over"  e  nella  "crisi  del  sistema
economico nel suo complesso"; 
    Considerato che quindi, a fronte di tale  diagnosi,  si  imponeva
che l'introduzione quantomeno di norme volte ad incidere direttamente
sulle indicate cause, senza porre  contemporaneamente  a  rischio  le
"esigenze organizzative e funzionali" e "l'efficiente  andamento  dei
servizi", intesi quali valori che trovano protezione nei principi  di
buon andamento e di efficienza di cui all'art. 97 Cost.; 
    Considerato che la norma  non  e'  accompagnata  dall'intento  di
avviare subito le procedure concorsuali per coprire i posti vacanti e
gia'. immediatamente ricopribili e che risulta come, per  quanto  qui
rileva, presso l'Avvocatura dello Stato vi era e vi  sia  ancora  una
cospicua carenza di organici, formatosi gia'  prima  dell'abrogazione
dell'istituto del trattenimento in servizio,  e  che  poteva  e  puo'
essere coperto dando luogo  senza  indugio  alle  relative  procedure
concorsuali; 
    Considerato  che,  anche  a  volere  tenere   ferma   la   scelta
legislativa, la sua attuazione poteva essere effettuata con modalita'
improntate  ad  una  graduazione   degli   effetti,   tale   da   non
compromettere i ricordati principi  di  cui  all'articolo  97  Cost.,
potendo prevedere dei meccanismi in base ai quali il  collocamento  a
riposo del personale trattenuto fosse avvenuto  contestualmente  alle
nuove assunzioni dei vincitori all'esito dei relativi concorsi; 
    Considerato che una soluzione di tal guisa avrebbe assicurato: a)
ai "giovani" la possibilita' di  partecipare  a  concorsi  per  nuovi
posti; b) alle amministrazioni,  nelle  more  dello  svolgimento  dei
concorsi, il mantenimento delle risorse  necessarie  a  garantire  le
"esigenze organizzative e funzionali" e  l'efficiente  andamento  dei
servizi; c) al personale trattenuto in servizio  una  graduazione  ed
uno  scaglionamento  nel  tempo  del  collocamento  a   riposo,   con
conseguente possibilita' di programmare la loro vita; 
    Considerato che la violazione dei canoni di "buon andamento" e di
"efficienza" appare dunque evidente con particolare riferimento - che
qui rileva - all'Avvocatura dello Stato, evidenziandosi che per  tale
categoria di avvocati la norma fissava al 31 ottobre 2014 la data  di
cessazione del trattenimento in servizio; 
    Considerato, infatti, che appare  evidente  l'immediata  ricaduta
sulle sue funzioni istituzionali pubbliche cui  l'allontanamento  dal
servizio  della  unita'  di  personale  interessate,  disposto  senza
possibilita' di sostituzione in tempi  ragionevoli,  ha  dato  luogo,
incidendo   negativamente   e   improvvisamente    sulle    "esigenze
organizzative e funzionali" di essa; 
    Considerato che un'esigenza di prevedere forme di graduazione  si
imponeva anche  in  base  alla  considerazione  aggiuntiva  che  -  a
differenza di quanto previsto per  la  generalita'  dei  settori  del
pubblico impiego - la durata del trattenimento in  servizio  per  gli
avvocati dello Stato (come per i magistrati) non era di due anni,  ma
di cinque; 
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
appare non manifestamente infondata  anche  sotto  il  profilo  della
drastica riduzione del periodo di trattenimento in servizio,  operata
soltanto in sede di conversione in legge rispetto a  quanto  disposto
dal decreto-legge n. 90/14 stesso, in quanto, per la categoria  degli
Avvocati dello Stato, per i quali  la  durata  del  trattenimento  in
servizio - come detto - era di cinque anni, e'  previsto  un  termine
particolarmente drastico, senza preavviso, intervenendo su situazioni
sostanziali, fondate su leggi precedenti e provvedimenti gia' emanati
ed efficaci, e cancellando l'affidamento dei  dipendenti  interessati
nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento  fondamentale
dello Stato di diritto (Corte Cost n.  83/2013,  166/2012,  302/2010,
236 e 206 del 2009); 
    Considerato che - in sostanza - l'avvertita esigenza di garantire
un   ricambio   generazionale,   che   certamente    rientra    nella
discrezionalita' del legislatore, riscontra un palese  contrasto  fra
l'obiettivo dichiarato ed il contenuto  della  norma,  in  quanto  la
drastica riduzione del periodo di permanenza in servizio,  solo  fino
al 31 ottobre 2014, avvenuto in agosto, non ha consentito neppure  di
avviare la procedura concorsuale di reclutamento dei  nuovi  avvocati
dello Stato, visti i tempi tecnici ed amministrativi  necessari,  che
del resto ancora ad oggi non risulta essere avvenuta; 
    Considerato che la Corte costituzionale ha  giu'  avuto  modo  di
affermare,  con  le  sentenze  n.  103/2007  e  n.  81/2010,  che  la
previsione di una cessazione automatica, "ex lege"  e  generalizzata,
degli incarichi dirigenziali "interni" di livello generale viola,  in
carenza di idonee garanzie procedimentali, i principi  costituzionali
di buon andamento e imparzialita' e, in particolare, "il principio di
continuita' dell'azione amministrativa che e' strettamente  correlato
a quello di buon andamento  dell'azione  stessa",  anche  perche'  il
rapporto di lavoro'  instaurato  con  l'Amministrazione  deve  essere
connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia
regolato in  modo  tale  da  assicurare  la  tendenziale  continuita'
dell'azione amministrativa, in relazione  al  piu'  volte  richiamato
art. 97 Cost.; 
    Considerato che non appare manifestamente infondata la  questione
prospettata in relazione alla conclusione per  la  quale  i  principi
costituzionali  di  buon  andamento  e   in   imparzialita'   e,   in
particolare,  anche   il   principio   di   continuita'   dell'azione
amministrativa - che e'  strettamente  correlato  a  quello  di  buon
andamento dell'azione stessa devono vincolare  comunque,  quand'anche
si  intenda  concretizzare  l'avvertita  esigenza  di  garantire   un
ricambio generazionale, il  legislatore,  il  quale  deve  assicurare
idonee garanzie,  prevedibili  anche  nel  tempo,  per  garantire  la
copertura delle negative ripercussioni che potrebbero derivare  sulla
stessa   Pubblica   Amministrazione   e   provocate   dall'imprevisto
anticipato collocamento a riposo di personale di cui era  programmata
e programmabile la permanenza in servizio  ancora  per  cinque  anni,
considerando i tempi tecnici -  non  brevi  -  di  esperimento  delle
procedure concorsuali per la copertura  delle  vacanze,  quest'ultime
aggravate dalle mancanza di copertura dei - posti a causa del "blocco
delle assunzioni" e che subiranno quindi irrimediabilmente un aumento
nel breve periodo in un settore, come quello della  difesa  erariale,
che non puo' sempre autodeterminare le  modalita'  di  svolgimento  e
sviluppo  delle  funzioni,  essendo  legati  queste  ai   tempi   dei
procedimenti giurisdizionali e paragiurisdizionali, spesso  incalzati
dalla scadenza di' termini sostanziali e processuali; 
    Considerato,  quindi,  anche  ai  fini  della   rilevanza   della
questione  per  quanto  riguarda  gli  avvocati  dello   Stato,   che
l'obiettivo del ricambio generazionale non sia stato  bilanciato  con
l'esigenza di buon andamento e di efficienza della Amministrazione di
cui all'art. 97 Cost.,  dando  rilievo  alla  particolare  esperienza
acquisita in specifici ambiti e in relazione a specifiche situazioni,
al fine di garantire un'efficiente difesa degli  interessi  di  parte
pubblica  in  procedimenti  contenziosi  e   non,   istituzionalmente
affidati all'esame dell'Avvocatura erariale; 
    Considerato  che,  anche  con  riferimento   all'art.   3   della
Costituzione,  in  relazione  ai   diversi   profili   indicati   dal
ricorrente, di cui al quinto,  sesto,  settimo  e  ottavo  motivo  di
ricorso,   il   Collegio   ritiene   sussistente   la   non-manifesta
infondatezza della questione di costituzionalita' della norma di  cui
all'art. 1, commi 1, 2 e 3 d.l. cit., come convertito in  legge,  per
quanto attiene al trattenimento  in  servizio  degli  avvocati  dello
Stato; 
    Considerato  che,  per   quanto   concerne   il   profilo   della
ragionevolezza - gia' "supra" preso in considerazione in  connessione
con il richiamo all'esigenza di buon andamento  ed  efficienza  della
Amministrazione di cui all'art.  97,  secondo  comma,  Cost.  -  puo'
dubitarsi che la normativa in esame, dichiaratamente volta a favorire
il ricambio generazionale nelle  pubbliche  Amministrazioni,  sia  in
realta' coerente con la norma di cui all'art. 3 dello stesso d.l.  n.
90/2014, come convertito, dato che tale disposizione mantiene il c.d.
"turn over", il "blocco  delle  assunzioni"  e  la  disciplina  delle
necessita' della autorizzazione per le assunzioni di cui all'art. 35,
comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dando  quindi
luogo a contraddittorieta'; 
    Considerato  che  anche  sotto  i  profili  della  disparita'  di
trattamento    indicati     dal     ricorrente     l'eccezione     di
incostituzionalita'  della  normativa   in   questione   non   appare
manifestamente   infondata,   dato   che   non    rileva    apparente
giustificazione la coincidenza di trattamento fra gli avvocati  dello
Stato, il cui trattenimento in servizio era previsto per cinque  anni
oltre il limite di eta', e la generalita'  dei  dipendenti  pubblici,
per i quali il trattenimento era previsto per due anni; 
    Considerato  che  tale   differenza   meritava   un   trattamento
differenziato, in particolare in ragione del numero  percentuale  dei
dipendenti che cessano dal servizio, che varia in modo  notevole  fra
le generalita' dei dipendenti e, appunto, gli avvocati dello Stato; 
    Considerato che sotto analogo profilo  appare  ingiustificata  la
diversita'  di  trattamento  fra  gli  avvocati  dello  Stato   e   i
magistrati, per le quali categorie era infatti prevista una  identica
durata di cinque anni del trattenimento in servizio oltre  il  limite
per il collocamento a riposo, tenuto conto  anche  della  circostanza
per la quale la legislazione recente tende a parificare  ove  non  vi
sia una ragione ostativa - gli statuti delle  magistrature  e  quello
degli avvocati dello Stato (v. art. 6-bis, comma 4,  della  legge  26
febbraio 2004 n. 45; art. 16, comma 2, del decreto legge 12 settembre
2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla  legge  10  novembre
2014, n. 162); 
    Considerato che puo' desumersi che la ragione della equiparazione
sia nella posizione di  attori  pubblici  del  Foro  di  entrambe  le
categorie, dei magistrati e degli avvocati,  e  nelle  garanzie,  che
anche tenendo  conto  delle  differenze  di  ruoli,  sono  egualmente
necessarie  per  soggetti  esercitano  la  delicata  e   fondamentale
funzione pubblica  di  interpretazione  delle  fonti  normative,  con
conseguenze sull'ordine pubblico e l'ordinamento generale; 
    Considerato  che,  per  completezza,  il  Collegio   ritiene   di
soffermarsi anche  sugli  ulteriori  profili  di  incostituzionalita'
della norma come prospettati dal ricorrente ai motivi  quarto,  nono,
decimo, undicesimo e  dodicesimo,  ritenendoli  pero'  manifestamente
infondati; 
    Considerato infatti rispettivamente che: 
    - l'esistenza della necessita'  ed  urgenza  e'  da  valutare  in
relazione ai  bisogni  dell'ordinamento  nazionale  generale  e  tale
valutazione e' stata effettuata dal Parlamento (motivi 4 e 11); 
    - non e' provato il mutamento fra il testo del decreto-legge come
approvalo dal Consiglio dei ministri e come  pubblicato  e  non  sono
emersi clementi che  possano  escludere  la  piena  riferibilita'  al
Governo di tale decreto legge (motivo 9); 
    - il ritardo di alcuni giorni con cui il decreto e' stato portato
all'esame delle Camere non prova la assenza dell'urgenza e necessita'
(motivo 10); 
    -  la  disposizione  specificamente  esaminata  ha   inciso   sul
trattenimento in servizio oltre il limite di eta' per il collocamento
a riposo e non sul periodo di servizio previsto in via ordinaria, cui
fa riferimento l'eccezione riportata al motivo 12. 
    Considerato, quindi, che per quanto  dedotto  il  giudizio  debba
sospendersi ai sensi dell'art. 79,  comma  1,  c.p.a.  nonche'  degli
artt. 134 Cost., 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n.  1,  23  l. 11  marzo
1953, n. 87;